Un entusiasmo moderato, quasi all’inglese, è quello che si è diffuso in questi giorni a Benevento. Dal 16 maggio scorso, da quel post-partita rovente che di fatto ha sancito la fine di un epoca, sembra passata un’eternità. Si, la fine di un’epoca. Nove anni e qualche spicciolo, non sono roba da poco. Oggi, con il senno di poi, tutti sono bravi a trarre conclusioni fin troppo scontate, a dare giudizi, a saper dire “avrei fatto”, “lo avevo detto”. Si sprecano luoghi comuni e s’infittiscono chiacchiere e dicerie futili, pettegolezzi da bar. Nessuno scandalo per carità, è normalissimo e figuriamoci se noi beneventani potevamo esimerci da cadere in certi tranelli. Starsene zitti e tranquilli è difficile. E anche a chi riesce a farlo, vengono attribuite poi, frasi o dichiarazioni. “L’amico di un mio amico che conosce tizio ha detto che…“. Quando finiscono i pettegolezzi disponibili alcuni individui iniziano a costruirne di altri. Contenti loro…
Il mio punto di vista è differente. Io credo che siano stati nove anni molto belli. Certo, avremmo potuto gioire qualche volta in più e soffrire un po’ meno. Di vittorie e gioie conseguenti il novennato è stato purtroppo parco. Ma è compreso nelle regole del gioco. Chi si siede ad un tavolo di poker, impegna tutta la sua bravura e l’intelligenza per provare a vincere e sa che alla fine “potrebbe” accadere. Ma, allo stesso tempo, deve essere cosciente che sicuramente perderà. Questione di fortuna e di jolly, a meno che non si bari. Poi, è chiaro, negli anni ci sono stati gli errori, tecnici e gestionali, molte incomprensioni e qualcuno che non è stato all’altezza di fama e stipendio. Più di qualcuno. Ma anche per questi vale la regola del tavolo da poker… Nove anni di sogni e tangibili certezze, belli, nonostante tutto.
Adesso siamo agli albori di una nuova era calcistica. Non un cambiamento radicale, io credo sia la prosecuzione di quanto di buono comunque “costruito” da Ciro e Oreste Vigorito. Oltre le antipatie personali di alcuni, chi non vuole vedere la strada tracciata, assolutamente retta, commette un grosso errore, e se persevera in questo, beh, allora è solo una suo personalismo, inutile e fazioso. Più fazioso di chi egli stesso ha sempre additato e accusato, e null’altro.
La nuova era è appena iniziata. Ancora non si è presentata a stampa e città, ma la neonata società giallorossa ha già messo in carniere due colpi importanti, con l’ingaggio di Gaetano Auteri per la panchina e poi il ritorno di Piergraziano “Ghigo” Gori nel ruolo di saracinesca. Ancora, i due collaudati difensori Mazzarani e Mattera. Fatti e non parole, come si dice. Nulla da eccepire, discutere su questo sarebbe futile. Come tutti ci auguriamo, la nuova Proprietà proverà a costruire una squadra ancora più forte di quella dello scorso campionato. Evidentemente 76 punti al Benevento non possono bastare…. Servirà farne di più in futuro. Ma per questo c’è la dirigenza, il direttore sportivo e l’allenatore, sapranno molto meglio di me e dei tifosi come e cosa fare.
Da zero a cento in pochi secondi, come le migliori autovetture sportive. Questo a Benevento lo abbiamo fatto anche sul piano umorale. Da zero (entusiasmo) a cento, è bastata la prima operazione di calciomercato. Strano no? Perché anche la famiglia Fabbrocini – Pallotta, come capitò ai Vigorito, è stata accolta freddamente con un ironico “Fabbrocini chi?” dalla maggior parte dei tifosi. E poi le solite illazioni, i pettegolezzi e il carosello di fandonie costruite ad arte, che a Benevento conosciamo più che bene. Tutto nella norma, compreso che il 99,999% di chi straparla (e spesso scrive anche) non sa neppure di chi o cosa stia parlando. A metà tra l’idiozia e la cattiveria, dondolando pericolosamente su queste due opzioni.
Che Benevento Calcio sarà? Io spero in una squadra che sappia divertire e possa riacquistare immediatamente la fiducia e il calore dei tifosi. Senza proclami, partendo dal presupposto che quello che verrà sarà un campionato difficile. Però, credo che la prima operazione d’impatto che debba fare il Dott. Fabrizio Pallotta D’Acquapendente, prima ancora che l’ingaggio di qualche altro calciatore, sia quella di “riaprire” le porte al dialogo e alla comunicazione tra tifosi, stampa e società/squadra. Impensabile immaginare il calcio a Benevento spaccato come in due blocchi contrapposti, pur se con identici obiettivi e stessa passione… La squadra è della città, non in senso patrimoniale, ci mancherebbe, però deve essere lo stesso sentita come “propria” da tutti coloro che la amano, favorendone il senso d’appartenenza. Il calcio è socializzazione, condivisione e soprattutto sorrisi. Non contrapposizione sterile e deleteria. Una cosa è la gestione della società e della squadra, e su questo credo sia fondamentale evitare ingerenze ed interferenze da parte di non addetti ai lavori, un’altra è la necessaria e fondamentale relazione tra la squadra e tutto l’ambiente, tifosi in primis. Sarebbe molto bello, prodromo di un grande campionato, se a Benevento si tornasse a parlare solo di calcio giocato.