Siamo nel cuore dell’estate, ferragosto è arrivato, annunciato però da un vento piuttosto fresco. E’ il momento clou per le vacanze, da sempre. Strade, aeroporti e scali marittimi sono sold-out, pieni zeppi di voglia di partire verso la meta prescelta per il “riposo” e, perché no, quelle del puro e sfrenato divertimento. Più che legittimo, dopo un anno di lavoro e sacrifici.
Il Mediterraneo ci culla, la nostra straordinaria Italia è distesa placidamente nelle sue acque. In fondo, a noi basta poco per trovare una bella spiaggia su cui distendersi per crogiolarsi al sole. O, in alternativa, Alpi e Appennini sono lì, quasi a portata di mano, per accogliere chi cerca refrigerio e tranquillità.
Già, il Mar Mediterraneo, o Mare Nostrum, come i Romani lo avevano battezzato. Lo stesso che bagna le coste dell’Africa settentrionale. E quindi della martoriata Libia, luogo di battaglie feroci tra miliziani dell’Isis e “regolari” del governo di unità nazionale, da dove partono oramai a ritmo incessante i barconi del trafficanti di profughi, con il loro carico di umanità disperata tra le quali è infiltrata, purtroppo, gente senza scrupoli, indottrinata alla guerra santa “2.0“. Lo stesso mare che bagna le coste del Medio Oriente, della Siria, dove è in atto una guerra fratricida che è divenuta un’autentica e spaventosa mattanza. La Siria, dove le parole umanità e pietà ormai sembra che siano state cancellate.
Ciò che accade sull’altra sponda del nostro mare non può non interessarci. Lo stesso mare che ci bagna i piedi nelle nostre passeggiate sul bagnasciuga, e nel quale i nostri figli giocano spensierati, a qualche migliaio di chilometri è intriso di sangue e di dolore. All’orizzonte dello stesso mare in cui nuotiamo o pagaiamo, si continua ad affogare in naufragi quotidiani, atroce “capolinea” di traversate disperate e – quasi – impossibili.
“Mediterraneo per morire”, lo scrisse Pino Mango nei versi di una sua bellissima canzone dedicata al nostro mare, Mediterraneo appunto. Quasi profeticamente, potremmo affermare oggi. Questo mare dovrebbe unirci, favorendo l’interscambio tra Continenti differenti e facilitando le relazioni non solo commerciali. Il Mediterraneo potrebbe essere l’interfaccia, naturale, tra due Culture differenti, e aprire così nuove strade al dialogo e alla cooperazione.
Questo mare invece è diventato idealmente il “nuovo muro”, seppur orizzontale e liquido, che sempre più “alto” (o gelidamente profondo…) separa l’Oriente dall’Occidente. Un ostacolo, che in tanti cercano disperatamente di superare per fuggire dall’orrore della guerra, dalla violenza, dalla miseria, dalla paura.
La macchina mediatica dell’industria turistica ci mostra spiagge affollate, coni gelato e pedalò, sorrisi e creme abbronzanti. Il sole d’agosto a scaldare i nostri sette giorni-sette di spensieratezza e serate di anguria e vino con ghiaccio. Ma tra i riflessi abbacinanti di questo mare è possibile scorgere riflessi rosso sangue. Questo mare è un po’ meno salato perché è stato contaminato da fiumi di lacrime disperate ed è diventato tomba per tanti, troppi innocenti. La guerra, con tutto ciò che comporta, è solo dall’altra parte di questo piccolo mare nostrum. A pensarci vengono i brividi. Ipocrisia? Può darsi, ma se non iniziamo anche per conformismo a rendercene conto, quando un giorno finalmente apriremo gli occhi, forse, sarà troppo tardi.