Il rischio concreto è quello di essere retorici. Ma poco importa. Il 15 ottobre è una data che, purtroppo rimarrà impressa nelle menti di ognuno di noi. Indelebilmente. Come per tutte le tragedie che ci toccano da vicino, negli anni a venire ci sarà sempre un triste e angoscioso anniversario. “Era il 2 ottobre del ’49… il 23 novembre dell’80…“. Purtroppo ci sarà da aggiungere il 15 ottobre del 2015.
Sono trascorsi soltanto tre giorni da quella notte sciagurata e dalla successiva dolorosa alba, con tutto ciò che la luce, purtroppo, ci ha obbligato a “vedere” e a poi vivere. In poche ore è cambiata, forse per sempre, la vita di molti nostri sfortunati concittadini. E a lungo, io immagino, gli effetti di quella maledetta ondata di piena rimarranno visibili su tutto ciò che essa ha devastato. Il segno marrone del fango che il fiume ha lasciato laddove è “passato” sui muri di case, muri, capannoni, rimarrà lì come una cartello monitore, finché – speriamo presto – qualcuno non andrà a cancellarlo.
Quel fango va asciugandosi e si trasforma sempre in più in polvere che vola e si deposita ovunque. Ogni strada della città, anche nella zona alta, oramai è segnata dalle tracce di quanto accaduto in zona Ponticelli, al Rione Ferrovia, in contrada Pantano. Una sorta di condivisione che idealmente suggella l’unione e la forza di una città mostratasi straordinariamente solidale. Mi sembra inutile, però, sottolineare ancora quanto è tutt’ora visibile nelle strade e in quelle contrade ferite e devastate dal fango e della forza distruttiva dell’acqua. Angeli del fango, il termine comunemente utilizzato per definire tutti coloro che sono immediatamente intervenuti, mettendo generosamente a disposizione degli “altri” il proprio tempo, lavoro, mezzi d’opera, attrezzature e quant’altro. Io non ho visto troppe ali però, ma “semplicemente” molte centinaia di mani sporche, vestiti imbrattati, sorrisi, gente comune, grande e spontaneo senso civico, partecipazione anche emotiva ma assolutamente composta, rispettosa. Concittadini di cui andare fieri e che, forse inconsapevolmente, con le loro azioni hanno elevato il già buon livello di civiltà della nostra comunità.
Spettrale la visione dell’ampio argine del fiume Calore, visto dal ponte di Via dei Longobardi. La forza spaventosa dell’acqua ha spogliato gli alberi, dopo averli piegati se non spezzati. Sono rimasti solo gli “scheletri”, inclinati e protesi verso il cielo. Basta questo a far capire la forza della piena. E a farmi capire che, paradossalmente, alla città è andata anche fin troppo bene. Ma il fango prima o poi sparirà: tra qualche settimana (ma speriamo nel minor tempo possibile) strade, marciapiedi, aiuole e poi case, garage, scantinati, verranno restituiti al loro uso normale, pur se bisognerà riattarli. Il danno economico più grave e probabilmente irreparabile è quello che hanno subito tante piccole e medie aziende ed esercizi commerciali che, di fatto, dovranno ripartire da zero (o poco più). La mia speranza è che, passato l’effetto “mediatico” della sciagura, tutti questi nostri concittadini non vengano dimenticati e abbandonati a se stessi, a lottare contro una burocrazia a volte esasperante e mortificante. Dal fango io spero che la città venga fuori, senza lasciare indietro nessuno, nel solco di quella civiltà di cui ho scritto prima.