Impressionanti, come sempre, le immagini dell’ennesima strage, quella di Ankara, la capitale della Turchia, dove sono morte dilaniate dalle bombe almeno 128 persone e oltre 500 i feriti, di cui tantissimi in gravi condizioni. Due attentatori “kamikaze” hanno seminato morte e terrore in quella che doveva essere una pacifica e colorata manifestazione organizzata in piazza Sihhiye, davanti alla grande stazione ferroviaria, per chiedere la fine del conflitto con il Pkk curdo.
Impossibile non pensare a quei ragazzi, moltissimi gli studenti ma anche tanta gente comune, che sono passati in istante dall’entusiasmo propositivo di chi chiede pace al dolore e alla morte. Una carneficina, e credo che sarà molto difficile, in questo momento storico per la Turchia, risalire a chi sia stato il vero mandante (Isis? Pkk? Dhkp-c? Servizi segreti deviati?) oltre che gli esecutori materiali del vile agguato terroristico, una barbarie che non può essere né spiegata né giustificata da nessuna “ragione”.
La Turchia è pericolosamente in bilico tra l’Europa e il medio Oriente, tra la democratica “cultura” occidentale e quella violenta di chi, con il sangue, alimenta le proprie cieche ragioni. Un paese che è sempre più distante dall’Unione europea e non soltanto per ragioni geografiche. Sempre più distante.
Il governo presieduto da Ahmet Davutoglu, come primo intervento post attentato ha ben pensato di imporre una (ulteriore) censura ai media sulle immagini relative all’attacco. Ufficialmente il divieto è stato imposto per evitare “la pubblicazione di immagini e video del momento dell’esplosione e di scene cruente che potessero creare un sentimento di panico nella popolazione”. Ma è evidente che il tutto nasce per tenere sotto controllo e magari reprimere gli eccessi della profonda e sentito risentimento della popolazione che vede in Recep Tayyip Erdogan e nello stesso Davutoglu i responsabili degli attentati, in quanto incapaci di garantire la sicurezza all’interno del Paese. Notevoli e diffusi rallentamenti su internet sono stati segnalati in tutta la Turchia. Ma l’informazione (tardivamente o inefficacemente -per fortuna- censurata) e così immagini e opinioni hanno già fatto il giro del mondo.
Tutto questo a meno di tre settimane dalle elezioni del prossimo 1° novembre. La Turchia che ambisce ad un posto in Europa, così come appare oggi, oggi non sembra molto diversa da uno dei tanti stati del Medio Oriente in prenda al caos politico, alla violenza, alla frammentazione sociale, con un governo che impone la propria autorità sui cittadini con metodi non democratici. E così, in Europa, assolutamente non si entra.