Tirando le somme, l’unica notizia positiva riguardante i migranti è quella che i vertici politici europei hanno preso la decisione, unica concreta, di rendere operativi entro novembre gli “hotspot“, ossia i centri mobili costituiti in Italia e Grecia per l’identificazione e la registrazione dei profughi, con la rilevazione delle impronte digitali. Per tale complessa operazione ci sarà la partecipazione e il sostegno degli esperti delle agenzie dell’Unione Frontex (Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea), Easo (l’Agenzia europea per il diritto d’asilo) ed Europol (Ufficio di Polizia Europeo). In Italia ufficialmente 3 saranno in Sicilia, a Trapani, Pozzallo (Rg) e Porto Empedocle (Ag); 1 sull’isola di Lampedusa. Dall’inizio del 2016 dovrebbero aprire anche i centri di Taranto e Augusta (Sr). Ogni centro, secondo le ipotesi che circolano, potrebbe ospitare fino a 1.500 persone.
Questo nonostante le continue e accese polemiche, soprattutto quelle del premier magiaro Victor Orbán cha accusato il governo di Atene di non registrare i migranti che arrivano in Ungheria dalla frontiera greco-turca, passando poi attraverso la Serbia o la Croazia. Questo forse per “giustificare” la costruzione dei muri lungo i suoi confini meridionali come unica scelta possibile. A vuoto sempre la richiesta dello stesso Orbán di creare una forza europea di protezione delle frontiere esterne da inviare in Grecia. “Costruire muri fra gli Stati membri non è la soluzione” aveva dichiarato la cancelliera tedesca Angela Merkel, ma il presidente del Consiglio europeo di turno, il polacco Donald Franciszek Tusk , quasi in risposta polemica con la Merkel ha lanciato un avvertimento per tutta l’Unione:”La più grande ondata di migranti e rifugiati non è ancora arrivata in Europa. Bisognerà correggere la nostra politica di porte e finestre aperte…“.
Un’altra decisione importante annunciata dai rappresentanti dell’esecutivo europeo ma non ancora attuata riguarda la proposta d’aumento di 1 miliardo di euro dei contributi europei al Programma alimentare mondiale, all’agenzia Onu (Unhcr) e alle Ong che si occupano dei rifugiati nei campi fuori dal territorio dell’Unione. La realtà è che il “fronte operativo” si è allargato e fondi a disposizione non bastano più a Bruxelles che ha richiamato i partner comunitari a mettere sul piatto altri soldi per l’emergenza continua.