La riforma del Senato italiano (ddl Boschi) è stato uno dei punti fermi dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi, sin dai primi giorni di governo dl Paese. Contrariamente ai diffusi allarmismi di una certa parte politica preoccupata probabilmente dalla perdita di tante “poltrone”, il Senato così com’è non sparirà da un giorno all’altro dall’architettura delle istituzioni. Conserverà il proprio nome ma il suo ruolo ed i suoi poteri saranno notevolmente ridotti, insieme al numero dei Senatori che passeranno da 315 a 100, non più eletti dai cittadini bensì nominati dai Consigli regionali.
A far parte del “nuovo” Senato ci saranno quindi 100 senatori, anzi di 95 più 5. I primi saranno eletti dai consigli regionali in rappresentanza di Regioni e Comuni, i secondi nominati dal Presidente della Repubblica e saranno scelti tra i “Cittadini che hanno illustrato la patria per i loro altissimi meriti “. Tra i 95 “territoriali“, 74 saranno scelti tra i consiglieri regionali, gli altri 21 tra i sindaci. Ogni Regione eleggerà un numero di senatori in proporzione al proprio peso demografico e con metodo proporzionale.
Con la riduzione del numero dei Senatori, si stima che lo Stato italiano risparmierà circa mezzo miliardo di euro all’anno, poiché i nuovi Senatori pur conservando il loro stipendio di sindaco o consigliere non riceveranno un “secondo stipendio” in quanto membri del nuovo Senato, Euro più, euro meno, attualmente lo stipendio mensile di un Senatore supera i 15.000 euro netti. Infine, i Senatori godranno della stessa immunità parlamentare che oggi è garantita anche ai Deputati, il che vuol dire che non potranno essere arrestati, intercettati telefonicamente o perquisiti senza l’autorizzazione del Senato.
In termini operativi, con la nuova riforma, la Camera dei Deputati rimarrà l’unico organo legislativo dello Stato. I Senatori non potranno più votare la fiducia al governo, mentre potranno votare solo per:
- riforme costituzionali;
- leggi costituzionali;
- leggi elettorali degli enti locali;
- ratifiche dei trattati internazionali.
In più, il Senato potrà chiedere la modifica di una legge già esistente ma la Camera dei Deputati non sarà obbligata a tenerne conto. Insomma, un ruolo meramente consultivo. Il Senato continuerà comunque a votare per l’elezione del Presidente della Repubblica. Essendo composta da sindaci e consiglieri regionali, il Senato potrà invece esprimersi su tutti i provvedimenti che riguardano le Regioni e gli enti locali. Tutto ciò, in teoria, dovrebbe tradursi con una più rapida approvazioni delle leggi, che non saranno più “rimpallate” tra le due Camere con tempi di attesa infiniti.