Non potevo restare indifferente e non è ipocrisia. La foto del bimbo morto, riverso a faccia in giù sulla battigia di Budrum (Turchia), ha ormai fatto il giro del mondo. Non c’è giornale o telegiornale che non l’abbia pubblicata. E’ sicuramente facile affermare che non è certo la prima e di certo non sarà l’ultima vittima innocente di quanto accade nel Mare Nostrum. Noi siamo diventati spettatori cinici e quasi impassibili, probabilmente anche un tantino infastiditi da quanto accade. E poco importa se il Mediterraneo è diventato la tomba di migliaia di esseri umani.
Non conosco il suo nome, probabilmente non aveva più di 3 anni e apparteneva ad un gruppo di profughi siriani che ha provato a raggiungere l’isola di Kos (Grecia), quindi l’Europa, partendo dalla costa turca su un battello di fortuna. Le onde hanno infranto il sogno di quei disperati soltanto dopo poche centinaia di metri navigati. Il mare, quasi beffardamente, ha trascinato i loro corpi di nuovo sulla spiaggia da dove erano partiti.
Bambini che muoiono, trascinati nell’oblio dalla follia e dalla cattiveria degli uomini. Bambini che non vedranno più una primavera, non conosceranno la straordinaria bellezza della scuola, non avranno giochi da inventare, pennarelli e matite con cui sporcarsi le mani e colorare quel mondo grigio e nero dal quale sono fuggiti. Bambini che perdono il bene più prezioso, la Vita, scappando con i loro genitori verso un futuro migliore, verso una terra che li possa accogliere e proteggere e nella quale poter sopravvivere senza la paura di essere uccisi dalle schegge di una granata o dalla lama di qualche invasato che fa la guerra all’altrui credo.
Sul volto senza espressione, terreo, del poliziotto turco che lo ha raccolto dalla sabbia e da quel mare impietoso, è scritta tutta la drammaticità e il dolore dell’uomo comune, impotente davanti ad una tragedia del genere. La morte di un bambino è vero orrore, innaturale, non ha mai spiegazione già quando avviene per cause naturali. Il poliziotto è un uomo che sicuramente è papà, o lo sarà, ho immaginato cosa lui ha provato e pensato in quegli istanti sulla spiaggia di Budrum. Una muta e dolorosa disperazione lo avrà colto, la stessa che assale tutti i genitori, me compreso, che assistono impotenti a certe tragedie.
Mentre i Governi europei continuano a discutere e a litigare su regole, ripartizioni, trasferimenti, mentre si alzano muri e barriere di filo spinato e da qualche parte nella evoluta Europa si marchiano uomini, donne e bambini, un numero enorme di profughi continua ad attraversare il Mediterraneo. Quanti ancora moriranno non lo sapremo mai. Probabilmente ci indigneremo quando verrà ritrovato il corpo di qualche altro innocente a pochi metri da ombrelloni e hotel e la foto o il filmato farà di nuovo il giro del Mondo. Ma il telecomando o il mouse ci aiuteranno a non vedere e a dimenticare rapidamente. Tanto, i nostri figli sono in camera a giocare con la playstation. E chi se ne frega degli altri!
Non sapremo mai il tuo nome, forse ti chiamavi Jamil (che vuol dire bello), due anni, siriano: perdonaci.
Aggiornamento: Sono morti anche la mamma e il fratellino di 5 anni di Aylan, così si chiamava il bimbo annegato ieri le cui foto hanno commosso e indignato il mondo. Fuggivano da Kobane, adesso l’unico sopravvissuto è il padre che vuole tornare nella città siriana per seppellire la famiglia.