Il presidente del Consiglio Matteo Renzi potrebbe proporre una novità molto importante, alla fine di questa estate. Secondo alcuni quotidiani di settore, ci sarebbe in preparazione un pacchetto di tagli alle tasse che prevedrebbe anche l’abolizione totale delle imposte sulla prima casa, Imu e Tasi. Questa, che per adesso è soltanto un ipotesi, potrebbe rappresentare una piacevole novità, assolutamente importante in termini economici, per milioni di contribuenti italiani.
L’esecutivo di governo avrebbe in studio un piano che punterebbe ad abolire sia la Tasi che l’Imu. In alternativa, potrebbe esserci almeno una sensibile riduzione delle varie aliquote e quindi di corrispettivi da pagare. Al momento si tratterebbe soltanto di un’idea, trapelata e resa pubblica da alcune indiscrezioni apparse sul quotidiano il Foglio. Il progetto avrebbe però già un percorso di approvazione predisposto.
L’intervento su queste tasse potrebbe infatti essere inserito nella prossima Legge di stabilità che generalmente viene approvata in autunno. Pe adesso ci sarebbero allo studio due possibili tipi di interventi su cui lavorare, ovviamente in alternativa. Il primo, è quello dell’abolizione totale di Imu e Tasi sulle prime case. Questa operazione però, conti alla mano, richiederebbe la “rinuncia” a cospicue e vitali risorse finanziarie, e allo stato appare poco attuabile. Molto più praticabile sarebbe invece la seconda opzione presa in considerazione. Si potrebbe aumentare la soglia di reddito al di sotto della quale scatta l’esenzione totale per le due imposte. Così facendo si potrebbe realizzare un provvedimento mirato, che andrebbe a beneficio soprattutto dei ceti sociali medio-bassi, ovvero quelle categorie di contribuenti e cittadini che accusano maggiormente il peso della crisi economica con tutte le sue difficoltà.
Per fare tutto questo, però, il premier italiano dovrebbe ottenere in tempi brevi l’approvazione al Senato. E poi, siccome, si dovrà mettere in conto uno sforamento del 3%, previsto nel patto di stabilità**, del rapporto tra deficit e Pil, Renzi dovrà chiedere all’Europa, come già fatto in passato da Spagna e Francia, di poter superare la soglia di sbarramento del 3%, riuscendo in questo modo a recuperare quei circa 30 miliardi di euro che servirebbero a ridurre la pressione fiscale. Piano attuabile o solo operazione politica tesa a recuperare consensi popolari? Vedremo.
**Il patto di stabilità e crescita (PSC) è un accordo, stipulato e sottoscritto nel 1997 dai paesi membri dell’Unione europea, inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione economica e monetaria dell’Unione europea (Eurozona). In base al PSC, gli Stati membri devono continuare a rispettare nel tempo quelli relativi al bilancio dello stato, ossia:
- un disavanzo statale non superiore al 3% del PIL (rapporto deficit/PIL < 3%);
- un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro) (rapporto debito/PIL < 60%).
Per gli Stati che non rispettano questi rigidi parametri, scattano varie procedure attuate dall’Ue e si può arrivare anche a sanzioni economiche importanti.