Una data storica per la Grecia ma prima ancora per l’Europa unita. Si sta profilando una vittoria netta dei “no” che appoggiano quindi la “politica europea” di Alexis Tsipras. Un Paese che deve affrontare lo spettro del default e l’uscita dall’eurozona a causa di un indebitamento monstre che grava sull’economia fragile dello stato ellenico.
Il “no” alle condizioni dei creditori europei consegna in pratica un “nuovo mandato” al premier Tsipras, per trattare, dandogli nuova forza e l’appoggio maggioritario del suo popolo. Gli aventi diritto erano circa 10 milioni e il referendum, come annunciato dal ministro dell’Interno è valido, avendo superato il quorum del 40% (quello necessario). Per l’esattezza, l’affluenza (ancora parziale) è stata al 65%, circa, nonostante non si potesse votare a distanza e molti cittadini per motivi economici o per lavoro hanno avuto difficoltà a esprimere una preferenza.
La percentuale dei “no” si è stabilizzata sul 61,5% contro il 38,5% dei “si” (ore 22:00).
Il risultato è una sorta di sconfitta per la politica economica europea e per la stessa Angela Merkel.
Principali creditori della Grecia, con una percentule pari a circa il 60% del debito totale è la zona euro, intesa come i singoli governi degli Stati membri e il vecchio fondo di stabilità comune. Banche straniere e banche greche a parte, gli altri due grandi creditori sono la Banca centrale europea, che possiede gran parte dei titoli di Stato scambiabili, e il Fondo monetario internazionale.