Sarà domani la “resa dei conti” tra il governo di Alexis Tsipras e il popolo greco. Il referendum indetto dal capo del governo ellenico dovrà dire se il Paese è a favore oppure contro un possibile accordo tra la Grecia e i creditori europei ed internazionali. E’ una vera e propria guerra di nervi, a prescindere dall’esito, perché in ogni caso sancirà il destino della Grecia. Il premier e il ministro delle Finanze Varoufakis, hanno comunque assicurato che anche in caso di vittoria dei no, un accordo con i creditori sarà possibile.
Intanto cominciano a farsi sentire pesantemente gli effetti della crisi economica nel settore turismo. In alcune isole delle Cicladi, dove tantissimi turisti stranieri si trovano attualmente in vacanza, sono iniziati i problemi di approvvigionamento, soprattutto per certe categorie di generi alimentari, come la carne, e per i prodotti farmaceutici. Il problema nasce dal fatto che le imprese greche non possono pagare i loro fornitori esteri a causa del “controllo dei capitali” imposto dal governo di Atene.
Ma lo stesso problema sta diffondendosi anche sul resto della Grecia, dove gli operatori turistici e i proprietari di strutture (hotel e villaggi) temono che, se il problema non verrà risolto al più presto, saranno costretti a chiudere le loro attività. Questa sarebbe una ulteriore catastrofe economica con tutte le ripercussioni immaginabili, con fallimenti di molte imprese di settore e il licenziamento di tanti addetti. Intanto, dati SETE (Associazione delle agenzie turistiche elleniche) alla mano, c’è già una riduzione delle prenotazioni, rispetto all’anno precedente (2014), che sfiora il 40%.
Tsipras, nel frattempo, ha dichiarato in un’intervista televisiva che, al massimo dopo 48 ore dagli esiti del referendum, volerà a Bruxelles e un accordo verrà firmato, a prescindere dal suo esito. Egli spera in una vittoria del “no“, perché l’accordo che firmerà, sarà un buon accordo per la Grecia, con una situazione sostenibile. Non solo, il premier ritiene che con “la forza” di quella vittoria, potrebbe strappare una riduzione del 30% del debito. Se invece dovesse vincere il “si“, lui avvierà comunque tutte le procedura previste dalla Costituzione per fare in modo che la proposta proveniente da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale diventi legge. Ma a quel punto, considerando che la sua poltrona da premier vale molto meno dell’interesse della Grecia, potrebbe anche farsi da parte dimettendosi.