“Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti.”: queste parole dense e ricche di significato furono lasciate in eredità al Mondo da Martin Luther King.
I lunghi silenzi, ai quali oramai dovremmo essere abituati, del presidente Avv. Oreste Vigorito, non hanno mai avuto un effetto “terapeutico” positivo. O, per lo meno, a me non risulta.
La conferenza stampa fiume svoltasi ieri pomeriggio, ha finalmente infranto, appunto, quel muro di silenzio che, ultimamente, andava facendosi sempre più spesso e alto…
Non entro nel merito di quanto è stato discusso in conferenza. In primis, perché la maggior parte delle “risposte” per me sono state poco esaustive, a tratti evasive, qualcosa di già sentito e poco condivisibile… Ovviamente è solo un’opinione la mia, certamente discutibile. Ma ciò che non m’è piaciuto davvero, è stato vedere Oreste Vigorito seduto lì, da solo, bersagliato dalle domande dei vari giornalisti e dai messaggi dei tifosi, in un clima già (da tempo) “freddo” e comprensibilmente teso. Un uno contro tutti che in una società strutturata ed organizzata come quella del Benevento Calcio, non ha giustificazioni. Apprezzabile sul piano umano, perché come sempre Vigorito s’è fatto carico di ogni responsabilità. Ma io avrei fatto accomodare lì, dietro la scrivania, anche il Direttore sportivo, l’allenatore, il capitano della squadra. A cosa serve, ancora, un parafulmine? Sono o non sono professionisti, gli addetti ai lavori assenti? O lo sono solo quando le cose vanno bene?
Vigorito ci mette soldi, impegno, tempo. Ma non va in campo, se non, appunto, come patron. Sarebbe stato opportuno, invece, che a prendersi le responsabilità – e a dare spiegazioni plausibili – delle defaillance sportive, ci fossero, appunto, gli interpreti del calcio giocato.
Ma tant’è: era importante riprendere un dialogo (e non più monologhi…) e provare a gettare le basi di una ulteriore ritrovata armonia tra le parti.
Il silenzio, a volte può essere opportuno, ma molto spesso fa danno. Soprattutto quando è incomprensibilmente prolungato. E, a maggior ragione, quando le cose (sul piano sportivo) vanno male. Quando serpeggiano voci incontrollate, deleterie, destabilizzanti, diffuse ad arte anche da chi non ha a cuore le sorti del Benevento. E a lungo andare innesca dubbi, interrogativi, che sono probabilmente sbagliati ma che chiaramente sono stati indotti proprio dalla mancanza di informazione, di dialogo.
A Benevento il silenzio, prolungato, ha fatto più danni di alcune sconfitte, dei rigori sbagliati o di certi incomprensibili e affrettati esoneri.
Il silenzio, prolungato, ha dato modo ai denigratori di costruire fantomatiche “verità”, che come spesso accade, ad ogni bar si sono ingigantite, quando ognuno ci ha aggiunto qualcosa…
Dal silenzio, prolungato, sono state avvolte le chiacchiere da marciapiede, quelle dell’uomo e tifoso qualunque che “crede”, perché ha bisogno di credere in qualche verità, per darsi una spiegazione, per provare a capire cosa non ha funzionato, chi è stato il colpevole di tutto ciò e, soprattutto, il perché! Perché una squadra prima in classifica fino a dicembre, ad oggi è in perfetta media retrocessione? Niente altro, solo questo.
E credo che nessuno, repetita iuvant, ha avuto mai la pretesa di vincere. Nello sport e quindi nel calcio esistono le annate ed i risultati sono legati a tante variabili talvolta realmente “impazzite”. E poi, mai abbastanza, ci sarebbe bisogno d’un pizzico di fortuna, che non guasta mai… Molto più semplicemente, quindi, i tifosi vorrebbero invece capire, non per fare poi un’inutile caccia al colpevole, ma semplicemente per comprendere ciò che è realmente accaduto.
Vigorito ha ripetuto il suo concetto di insieme. Bello il termine, come sempre. Ma quella parola non s’addice al momento vissuto della piazza giallorossa. O meglio, fino a ieri il termine insieme è stato a dir poco bistrattato, proprio da chi lo ha coniato. Si vince, insieme, e si perde insieme. Ci si parla, si spiegano (ciò che è spiegabile eh!) le cose. Si cammina gli uni accanto agli altri, appunto insieme, e ognuno cerca di fare al meglio la propria parte, nel rispetto degli altri.
Il silenzio, prolungato, ha frantumato quella parola. Quel silenzio, parallelamente ai risultati della squadra, ha fatto in modo che la gente pian piano si allontanasse dalla squadra: “Tanto oramai…” quante volte l’ho ascoltato!
Nessuno, a parte qualche decina di malmostosi (eufemismo), ha mai messo in discussione l’uomo – prima ancora che il presidente – Vigorito. Chi contesta le prestazioni, come me, non ne ha mai fatto una questione personale, e perchè mai dovrebbe? Chi va oltre va neppure citato, perché è evidente come le motivazioni alla base (ma è solo invidia) siano altre…
Benevento, intesa come tifoseria, c’era, c’è oggi e ci sarà sempre. Il Benevento è una fede, qualcosa che trascende la semplice passione sportiva. C? B? Non importa. L’importante è essere chiari con loro, diretti, intellettualmente onesti. Con pochi giri di parole e la verità detta senza filtri. Perchè il popolo beneventano, al 99%, ha sempre reagito correttamente, da sempre, ed ha sempre accettato qualsiasi risultato del campo.
Con programmazione e chiarezza d’intenti, poi, i risultati arriveranno. Ma c’è un assoluto bisogno di tornare a parlarsi, a fare squadra, tutti insieme. Aspra contrapposizione e muro contro muro, ma a chi giova? Ritrovare coesione, passione e reciproca fiducia. Lo stadio è un posto dove sventolare bandiere e gioire (ma anche imprecare, se necessario…) ma, appunto, a patto che lo si faccia veramente insieme, sempre, non solo quando fa comodo. Progetto giovani? Squadra di fuoriclasse? Salvezza all’ultima giornata? Sono dettagli…
Loro, i tifosi, ci saranno sempre. A patto che gli si dica sempre la verità, qualunque essa sia.