L’Editoriale del Direttore
Non m’ero entusiasmato più di tanto domenica scorsa, pur essendomi invero divertito tanto, ma proprio tanto, come non ricordavo da tempo. Allo stesso modo non riesco a deprimermi dopo la partita vista ieri. Vero, gli sbadigli hanno avuto il sopravvento per 88 (+ 3) minuti. Ma non è mancata la scarica adrenalinica finale a regalarmi, ancora una volta, una notte serena e felice.
Qualcuno mi dica dove devo “firmare” perché possa essere sempre così!
Certo, questa Strega è sorprendente. Capace di dominare in lungo e in largo l’avversario, di annichilirlo, di non concedergli tregua, respiro, di non dargli neanche il tempo di pensare per poi colpirlo inesorabilmente, esprimendo un gioco spumeggiante ed a tratti spettacolare come difficilmente se ne vedono a questi livelli di categoria. E poi… non passa neanche una settimana ed è, altrettanto, capace di sfornare una partita abulica, inconcludente, svogliata. Quasi fosse, di colpo, incapace di imbastire una minima trama di gioco, ma soltanto uno sterile, improduttivo, prolungato, noioso possesso palla per linee orizzontali (o retropassaggi).
“Incapace” od “impedita”? Ragioniamoci.
ll calcio è un gioco semplice. O, almeno, così dovrebbe essere (chi vuole complicarlo finisce per snaturarlo). Ebbene, escludendo i portieri fermi tra i pali, in campo ci vanno 20 giocatori “di movimento”.
Ora.
In una partita “normale”, tutti i 20 giocatori di movimento fanno (o cercano di fare) “movimento” al fine di trovare spazi liberi entro i quali sviluppare azioni offensive potenzialmente vincenti (attraverso i cosiddetti schemi, provati e riprovati in allenamento). In una partita “normale”, tutti i 20 giocatori in campo “giocano a pallone” o quantomeno si sforzano di farlo.
In una partita “anomala”, invece, specialmente quando s’affrontano squadre di diversa caratura tecnica, può capitare che tra questi 20 giocatori ci siano quelli che fanno (o cercano di fare) movimento al fine di trovare spazi liberi entro i quali sviluppare azioni offensive potenzialmente vincenti (cioè quelli che “giocano a pallone”) ed altri che, viceversa, fanno solo ed esclusivamente movimento per impedire all’avversario di fare movimento, chiudendogli tutti gli spazi ed i “varchi di accesso” utili per sviluppare gioco. Sono i 10 che non giocano a pallone e fanno di tutto, e anche di più, perché non lo possa fare neanche l’avversario. E’ una strategia legittima – per carità – ma che, spesso e volentieri finisce per “imbavagliare” la squadra dotata di caratura tecnica superiore, mortificandone le potenzialità di sviluppo del gioco offensivo. La quale, più che incapace a sviluppare gioco, ne viene pressoché impedita.
Ecco. Ho l’impressione che ieri sera, nella splendida cornice del “S.Nicola” di Bari, si sia verificata, più o meno, una cosa del genere. L’impostazione tattica quasi esclusivamente difensiva adottata dai “padroni di casa” del Team Altamura ha certamente sorpreso il Benevento mettendolo in difficoltà sin dall’inizio e per l’intera durata dell’incontro. Ne ha fatto, tra l’altro, implicita ammissione lo stesso mister Auteri nel corso dell’intervista post-gara. Il “gioco” espresso dai ragazzi di mister Di Donato, che nei tre turni precedenti era stato orientato ad un atteggiamento senz’altro più propositivo, s’è di colpo trasformato (involvendosi) in un “non gioco” orientato quasi esclusivamente alla sottrazione di spazi, alla chiusura di ogni linea di passaggio, all’aggressione e all’ingabbiatura di chiunque, avversario, si trovasse fra i piedi il pallone, con un pressing asfissiante e sempre con “raddoppi” o addirittura “triplicate”
Così diventa, effettivamente, molto difficile, per non dire impossibile, giocare a calcio. Sono partite che qualcuno definisce “sporche”, e forse lo sono per davvero. Partite che spesso, sono sbloccate dalla “giocata” del singolo o sugli sviluppi di un calcio piazzato. E, manco a farlo apposta, è quanto s’è verificato ieri sera. Capita, anche, che chi scelga di “non giocare” finisca, poi, con l’essere “punito” alla prima occasione dalla squadra più forte ed esperta. Capita spesso, ma non sempre, purtroppo. L’importante è crederci e lottare fino alla fine, cosa che il Benevento ha fatto.
Una considerazione, che è poi, anche, una preoccupazione. Si giocava, come detto, al San Nicola di Bari. Un campo molto bello, di dimensioni “normali”; ciononostante non si riusciva a trovare spazi per la “chiusura” ad opera della squadra avversaria. Figuriamoci cosa succederà quando s’andrà a giocare su quei “campetti di periferia” a noi tristemente noti, che abbondano – ahimè – in questa categoria!
La serie C è questa, purtroppo, ed il buon Auteri la conosce molto bene. Ci saranno altre partite sulla falsariga di quella di ieri, ed occorre lavorare alacremente in allenamento e trovare il sistema per risolvere e portare a casa le partite sporche. Non sempre si potrà giocare a pallone. Non sempre si potrà esprimere il gioco visto nel secondo tempo di Catania e, soprattutto, nell’incontro casalingo contro il Potenza. Chi pensa questo, dispiace dirlo, mastica poco di calcio. In molti casi occorreranno cinismo e cattiveria (sportiva) per imporre la propria superiorità e sarà necessario “alzare la voce” contro gli avversari più modesti, che ti impediscono di giocare.
Per vincere un campionato “tosto” come quello di C è necessario vincere anche partite come quella di ieri. In altri tempi non l’avremmo mai vinta. Ieri sì. E non certo per fortuna.
Per questo ho passato una notte serena e felice.