Marina Piccirillo, componente del Comitato Scientifico di Futuridea, poche settimane fa ha presentato una pubblicazione su identificazione dei geni essenziali. La dottoressa Piccirillo è nata e vive a San Giorgio del Sannio. Laureata in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, è attualmente docente presso l’Istituto Comprensivo G. Moscati di Benevento; ha conseguito un Dottorato di Ricerca in scienze Biomolecolari e dal 2014 è stata ricercatrice presso l’Istituto di Calcolo e Reti ad Alte prestazioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli. Durante la sua attività di ricerca si è occupata principalmente di Bioinformatica, in particolare si è concentrata sullo studio di metodologie e algoritmi per l’analisi e l’interpretazione di dati Genomici e Trascrittomici per la ricerca e la clinica, e per la predizione attraverso reti biologiche. Ha preso parte a diversi congressi nazionali ed internazionali ed ha pubblicato articoli scientifici su convegni e riviste internazionali di Bioinformatica e Data Mining.
Come docente cerca sempre di mettere i suoi alunni nelle condizioni di imparare a realizzare una scuola non solo passiva ma che sia un laboratorio di idee in cui ognuno è alunno e maestro allo stesso tempo.
“La quantità e la complessità dei dati generati – ha evidenziato la Piccirillo – hanno portato alla necessità di far nascere una nuova figura professionale, il bioinformatico. Svolgere questo lavoro vuol dire accettare una sfida diversa ogni giorno: significa usare qualcosa di non concretamente tangibile, come l’informatica, per dare risposte a problemi biologici reali, come le malattie. In questo lavoro ci siamo soffermati sull’analisi dei diversi approcci computazionali già esistenti in letteratura per la predizione di geni essenziali. L’idea di cercare – e creare – un genoma minimo – ha continuato – si focalizza sul set di geni essenziali per la sopravvivenza di una cellula, ovvero quelli necessari per sostenere il metabolismo basale e le sovrastrutture minime e indispensabili. Non bisogna dimenticare che un organismo (uni- o pluricellulare) non è mai un’entità isolata: il suo assetto genico dipende strettamente dall’ambiente in cui vive, in base al quale si renderanno necessarie funzioni diverse. Partendo da un set minimo di geni essenziali – ha spiegato ancora la Piccirillo – nel corso dell’evoluzione si sono andate via via aggiungendo nuove sequenze geniche (per esempio, mediante duplicazione genica o attraverso trasferimento orizzontale da virus o batteri), permettendo ai diversi organismi di adattarsi all’ambiente in trasformazione. Dunque data l’importanza dei geni essenziali in processi biologici vitali, il loro riconoscimento risulta fondamentale poiché potrebbe essere d’aiuto nella medicina di precisione o per l’identificazione di nuovi potenziali bersagli farmacologici. Nella letteratura più recente – ha concluso – sono stati proposti differenti approcci computazionali per l’identificazione e la predizione dei geni essenziali, e in questo lavoro è stato effettuato uno studio sperimentale per valutare l’applicabilità di questi metodi tenendo conto della specificità del contesto”.