Sembra essereci un filo conduttore unico nella consueta ridda di nomi che precedono l’assagnazione del premio Nobel per la Pace, e cioè l’Ucraina.
Tra i “candidati” svetta il presidente Volodymyr Zelensky rimasto al suo posto quando tutti lo davano in fuga. Ma ci sono anche il quotidiano The Kyiv Independent che dal 24 febbraio è stata la prima fonte di notizie sull’invasione di Mosca, l’oppositore russo Alexei Navalny che dal carcere fa sentire la sua voce contro la tragedia della guerra di Putin, l’oppositrice bielorussa Sviatlana Tsikhanouskaya che dall’esilio continua la lotta contro il presidente Alexander Lukashenko e la sua politica di sostegno incondizionato al Cremlino. Tutti anti putiniani “doc”. A questi non poteva mancare papa Francesco, voce indiscussa della pace nel mondo. Dunque, al Comitato per il Nobel spetta una decisione difficile e per certi aspetti paradossale: assegnare il premio per la pace a chi è in guerra. Ma a Oslo hanno abituato il mondo a più di una sorpresa, come quella che l’anno scorso ha visto insignire il giornalista russo Dmitry Muratov e la filippina Maria Ressa. E quest’anno, in una delle crisi peggiori per l’intero pianeta dalla Seconda Guerra Mondiale, prendere in qualche modo le parti di un Paese che in guerra ci è stato trascinato potrebbe essere un segnale forte dalla parte della pace. Secondo i bookmaker