Natale è finalmente arrivato, con tutta la sua magia. Poche ore ancora e poi sarà la festa più bella e sentita, da sempre. Non per tutti: per chi non ci crede, per chi è triste, per chi ha mille altre cose nella testa, e magari ha un macigno sul cuore… Ma il Natale oramai è lì, presente, palpabile, con tutta la sua carica emozionale, per chi ci crede e lo sente come me. Nonostante il consumismo sfrenato (e per certi aspetti disgustoso) l’abbia trasformata in una banale festa mangereccia e del ricicla-regalo… Che tristezza!
Natale, oltre il pregnante significato cristiano, dovrebbe essere tempo di riflessioni, e soprattutto di gesti coraggiosi. Il Natale, comunque lo si voglia considerare, resta la festa della Famiglia. Già, la Famiglia, gli affetti, le solide amicizie, i rapporti umani, le relazioni. Ma noi lo abbiamo quasi dimenticato, pensando ai pacchetti, al pandoro, al cardone da preparare secondo tradizione, alla corsa sfrenata a mostrare sui social chi ha realizzato l’Albero o il Presepe più belli…
Nonostante tutto, Natale era (ed è) per me la Festa attesa un anno, e resto legato fortemente ai miei ricordi di bambino.
Ricordo l’antivigilia, in giro di mattina presto con mio padre e mia madre, a fare gli ultimi acquisti a chiazz’ (Piazza Commestibili, il mercato…). Le lampadine ad illuminare i banconi con la merce esposta lì, nel freddo pungente, con la nebbiolina gelata e il fumo dei fuochi che, ogni venditore, accendeva per scaldarsi un po’, e che avvolgeva la gente, indaffarata nelle compere, cercando di fare qualche scampolo e magari stracciando un buon prezzo per un filetto di baccalà o per un pezzo di formaggio paesano. Il capitone o le anguille, l’odore forte dei mandarini aperti per l’assaggio, il cardo migliore (il cardone dovrebbe essere eletto patrimonio culinario dell’Umanità!) da scegliere, il cappone vivo da acquistare dalla paesana imbacuccata alla meglio, seduta a scaldarsi davanti ad un braciere improvvisato, con la sue fuscelle ricolme di ricotta e le ceste di vimini piene di prodotti della terra. Tra mille odori, nel vociare colorito, in quella allegra confusione, già si respirava il Natale. E non c’era la corsa alla strenna, perchè il regalo più bello era proprio partecipare a quei preparativi per la festa da passare in Famiglia. Unico eccesso concessomi, ma solo se m’ero comportato bene, l’acquisto delle stelle filanti, da accendere alla mezzanotte del ventiquattro dicembre… Io non chiedevo di più, non ne avevo bisogno: non eravamo di certo ricchi, ma quel poco ci bastava. Avevo tutto, pur con le scarpe risuolate o il cappotto un po’ liso. Eravamo felici. Felici.
Storie del passato, vero. Sono cambiati i costumi, le abitudini, il tenore di vita, ma il senso del Natale per me è sempre quello.
E allora, non può esserci Natale se questa festa non nasce nel Cuore di ognuno di noi. E non ha senso, invece, fare l’albero, o il presepe, se non abbiamo serenità d’animo. Ho su scritto di gesti coraggiosi.
Facciamoci tutti un regalo, allora, bellissimo. Cerchiamo l’amico o il parente con il quale abbiamo litigato o dal quale ci siamo allontanati, facciamo noi il primo passo. Mettiamo da parte l’orgoglio e lasciamo che a vincere o ad avere “ragione” siano i sentimenti. Ripariamo per quanto possibile ogni danno (non necessariamente materiale…) che abbiamo causato. Ri-nasciamo anche noi, con Gesù Bambino, provando, ancora una volta, ad essere migliori. Più buoni, ad iniziare con noi stessi.
Proviamo a far prevalere i sentimenti e non gli inutili personalismi o il mero interesse. Iniziamo o riproviamo a donare noi stessi prima ancora del pacchetto – che pure fa piacere ricevere, se fatto con il cuore – o del consueto messaggio ciclostilato da inviare con whatsapp. Iniziamo a perdonare, cerchiamo di essere perdonati.
Proviamoci.
Basterà un solo sorriso ritrovato, per iniziare, e avremo fatto – e ci saremo fatti – il regalo più bello. E solo allora, vedrete, sarà davvero di nuovo Natale e anche il cardone sembrerà ancora più buono…
Auguri!