Nelle democrazie contemporanee la valutazione delle politiche pubbliche, per quanto finemente teorizzata e spesso invocata, è troppo raramente realizzata. Ciò è vero a maggior ragione per le decisioni di politica estera dei vari Paesi. Eppure un evento come la fine della missione occidentale in Afghanistan, con i suoi effetti sociali, economici e geopolitici, meriterebbe più di altri un’analisi in termini di politica pubblica
Il completamento precipitoso del ritiro dall’Afghanistan degli eserciti stranieri, in primis di quello americano, seguito dalla riconquista del Paese da parte dei Talebani a venti anni dalla loro defenestrazione, è stato sicuramente l’evento più importante dell’estate e sarà il più gravido di conseguenze per lo scacchiere mondiale. Le modalità di suddetto ritiro lo hanno trasformato in un fallimento eclatante per l’Occidente, anche se probabilmente qualsiasi ritiro – anche perfettamente architettato – avrebbe confermato un fallimento di cui larga parte della comunità internazionale era consapevole da anni. Proprio il fatto che questa consapevolezza fosse tanto diffusa tra policy-maker e analisti, e radicata da anni, dovrebbe spingerci a compiere alcune attente valutazioni. Il problema è che nelle democrazie contemporanee le valutazioni delle politiche pubbliche vengono compiute troppo raramente. Ancora meno sono valutate in modo sistematico le azioni di politica estera dei Paesi. Si tratta di un atteggiamento contrario alla logica della politica pubblica, di per sé eticamente grave e foriero di ripercussioni negative. Eticamente grave, dicevo, visto che ci troviamo di fronte a una guerra che ha causato decine di migliaia di morti, centinaia di migliaia di feriti e di sfollati, che ha fatto spendere miliardi di dollari ai contribuenti di mezzo mondo. Si noti pure che la politica interna americana ha pesato eccome nello stabilire il momento del ritiro delle truppe. Gli Stati Uniti escono da un ventennio difficile, iniziato con l’11 Settembre 2001 proseguito con la crisi economica e una crisi politica nel 2016, poi la pandemia. Se svanisce l’appetito per guerre lontane dal proprio territorio, aumenta in modo politicamente trasversale l’esigenza di accountability anche in politica estera. Per tutti questi motivi, in assenza di un esame ponderato di quanto accaduto, siamo dunque condannati a ripetere in modo quasi automatico questo tipo di scelte errate. Proviamo allora una prima valutazione di alcuni aspetti della guerra occidentale in Afghanistan.