Partiamo dalla fine: il silenzio stampa. La ciliegina sulla torta, di gusto acidulo, di una domenica da dimenticare, l’ennesima in questo campionato, purtroppo.
Silenzio stampa? E perchè? È colpa dei media se la squadra (non)gioca così e perde in maniera eclatante? È colpa della stampa o dell’ambiente (tifosi in primis) se la lunga catena di risultati negativi sta portando la squadra ai margini del precipizio della retrocessione? Assolutamente no! Quale colpa hanno i giornalisti, se non quella di porre domande, al 99,9% lecite e giustificate, a chi conduce la squadra o agli atleti? Nessuna! Quale ingerenza hanno avuto gli articoli scritti o le varie trasmissioni sul cammino disastroso di questa seconda parte di campionato? Nessuna, zero. Anzi, Inzaghi e i suoi ragazzi sono stati trattati fin troppo bene. La stampa sannita, in genere, ha avuto sempre modi garbati ed ha usato i guanti bianchi, pur quando, legittimamente, ha posto critiche o ha espresso dubbi e domande rispetto a quanto visto sul campo. Perchè, alla fine, si parla solo di calcio, ricordiamolo sempre. E le opinioni non sono reato (eh…) e neppure fanno sbagliare i difensori, o gli attaccanti.
Non è che s’è voluto evitare che Inzaghi sbottasse sotto il fuoco di fila delle domande e, magari, iniziasse a dire la sua sulla squadra e sugli errori programmatici della società che non ha voluto (o saputo) intervenire necessariamente nel rafforzamento della squadra o nel riassortimento in certi ruoli? Perchè non è stato mandato in sala stampa Pasquale Foggia, ovvero colui che ha costruito la rosa e che, in varie occasioni, ha sottolineato come quella giallorossa fosse una squadra ben costruita e completa? Avrebbe potuto spiegare, ad esempio, come mai Inzaghi ha dovuto ancora una volta reinventarsi ruoli e posizioni in campo, mettendo in difficoltà i propri incolpevoli calciatori, snaturandone consapevolmente (ma obbligato) le caratteristiche tecnico-tattiche e giocando di fatto ad handicap? E mi fermo qui.
La gara? Anche contro l’Udinese Inzaghi ha operato scelte a dir poco discutibili, sia nell’undici iniziale che nella gestione dei cambi. Poi, la squadra è apparsa come sempre impacciata, timorosa, fiacca. Troppo bassa e confusionaria, senza quella cattiveria necessaria in uno scontro salvezza. Almeno all’inizio, sia chiaro. Perchè il Benevento se non prende due sberle non inizia a giocare. O meglio, la squadra inizia a farlo quando l’avversaria di turno abbassa i ritmi e inizia a gestire (con relativa tranquillità) il risultato acquisito. Altrimenti, l’impatto è sempre prossimo allo zero. Non sempre si può speculare, anzi, credo quasi mai. E il Benevento, invece, puntualmente prova a farlo. Chiudersi, sperando di resistere, per poi provare a ripartire con qualche sortita estemporanea in contropiede. In serie A? È quasi una pubblicizzazione dei propri limiti rinunciare a giocare. Pericoloso direi, ed infatti…
Silenzio stampa, inutile e anacronistico, l’ennesima sconfitta casalinga con ancora quattro reti subite, stavolta contro un attacco (prima di questa gara) per niente stellare. Ma il Benevento riesce a rianimare chiunque. Due punti in cinque gare, tre delle quali giocate contro squadre alla nostra portata (si fa per dire eh!). Il Presidente, unico a parlare, ha dichiarato che ci sono ancora 15 punti in palio. Sì, certo, ma 6 sarebbero da strappare a Milan ed Atalanta, in casa loro. Non è utopico, è semplicemente illusorio. Ma il calcio è anche questo: c’è la speranza, avanti così, finchè la matematica non ci condannerà. Obiettivamente siamo da retrocessione, senza girarci intorno. Questo Benevento, ovvero quello visto nel girone di ritorno, è da terz’ultimo posto, o anche meno. Punto. Ma, onestamente, fa male aver buttato alle ortiche una possibile salvezza. Sarebbe bastato davvero poco…
Il direttore sportivo, lo speriamo, un giorno ci spiegherà (se vorrà), tante cose e ci farà capire, magari prendendosi anche lui qualche responsabilità.