Sconfitta preventivata, ed è arrivata. Nessuna novità, nessun sussulto, se non per quella reazione del secondo tempo che ha fatto almeno riaccendere il lumicino della speranza, ovvero quella di poter sovvertire il pronostico e soprattutto l’andamento della gara. Il Benevento in casa della Lazio, una delle migliori della serie A, che veniva comunque da quattro vittorie consecutive, come potevamo pensare di batterli?
Non c’era gara, per le differenze nei valori tecnico-tattici tra le due contendenti, ma il Benevento, come sempre, ci ha messo tanto di suo per far sì che la sconfitta maturasse. Non bastasse, appunto, la forza dei biancocelesti. Un film già visto, stessi interpreti, stessi ruoli, copione imparato a memoria, sia dagli attori che dagli spettatori. Errori individuali marchiani, squadra impostata male, preparazione alla gara (ma credo alle gare…) discutibile, come ha ammesso anche Glik in conferenza stampa. Squadra troppo bassa e poco reattiva, alcuni uomini fuori condizione e soprattutto poche e confuse idee. E poi, la costruzione dal basso. Già difficile da attuare se hai calciatori dal livello tecnico elevato. E invece… All’Olimpico ci è costata un palo (quello di Immobile) e due reti subìte. Tanto, troppo per una squadra che vuole salvarsi.
Montipò, costretto sempre a prestazioni straordinarie, ha sudato ancora le proverbiali sette camicie, considerando la permeabilità della linea difensiva davanti alla sua porta. Credo che ogni volta che gli avversari attacchino la sua area, il nostro pipelet veda le streghe (non dovrebbe essere il contrario?). Abbiamo un evidente problema nella coppia di centrali: Glik è bravissimo a proiettarsi nelle aree avversarie, ma in fase difensiva se gli scappa l’uomo con palla a terra lui è sempre battuto. Troppo lento, impacciato, mal supportato poi da Barba (ma anche da Tuia) che evidentemente soffre a giocare in quel ruolo. E non meravigliamoci, poi, se arrivano certe imbarcate. E Caldirola, non uno qualsiasi, scalpita in panchina…
A centrocampo Schiattarella sembra la fotocopia sbiadita del calciatore che abbiamo apprezzato nella prima parte di campionato. Impreciso, nervoso, falloso, mai concreto. E Viola, non uno qualsiasi, a prendere freddo in panchina. Ah, ma Nicolas è lento… già. Eppure sono convinto che come qualità tecnica sia il migliore, in assoluto. Probabilmente è il migliore della sua squadra. E poi, in quel reparto mancano fisicità e centimetri. L’ingresso di Dabò ha dato un po’ di sostanza. Il ragazzo, per quanto abbia deluso in alcune precedenti uscite, meriterebbe fiducia. Non sarà un fenomeno, ma considerato che è stato acquistato per farlo giocare (I suppose!), sarebbe il caso, considerando le difficoltà, cercare di puntare su di lui. Perchè credo che peggio di chi oggi gioca a centrocampo non possa fare.
In attacco, finito l’effetto sorpresa, l’ariete Gaich sembra essersi perso nel vuoto di quel reparto. Troppo isolato per pensare che possa far male agli avversari. Corre senza costrutto e si stanca inutilmente, perdendo lucidità. Diciamo che è sprecato, considerato le sue caratteristiche fisiche. Perchè, se vogliamo immaginare di giocare chiusi dietro e in contropiede, sarebbe meglio tornare all’impostazione che aveva la squadra fino alla trasferta di Cagliari.
Non mi sento di condannare Inzaghi: tante volte l’ho criticato, ma ogni gara in più, oltre l’opinabilità di alcune sue scelte, appare evidente quanto siano grossi i limiti di questa rosa. E, su questo, lui credo possa farci davvero poco. Ma… certe scelte, a volte, appaiono come forzature. Durante le partite sembra che lui stesso se ne renda conto, eppure opera sempre quelle. Certo, lui è l’allenatore ed ha il polso della squadra. Ci sono equilibri da rispettare, bisogna fare i conti con alcune lacune evidenti, ma a volte sembra quasi voglia forzare (appunto) la natura stessa dei sui calciatori. Mi dà l’idea che voglia quasi comunicarci: “vedete: io questi ho…!” E poi, la sua comunicazione. Un disco oramai rigato, se non rotto. Certe dichiarazioni fastidiose e sinceramente stucchevoli, sulla nostra provenienza, sui ringraziamenti che lui e noi dobbiamo ai suoi ragazzi… Noi sappiamo benissimo da dove veniamo. Quando stavamo lì, da dove veniamo, lui era meritatamente sotto i riflettori di una splendida carriera calcistica, mentre noi, invece, mangiavamo orgogliosamente la polvere e la ruggine dei campi di periferia, condita da cocenti delusioni. Ed è proprio per questo che sappiamo bene quanto valgano la serie A o anche la B del piccolo Benevento. E, in merito ai calciatori, siamo assolutamente convinti che loro ce la stiano mettendo tutta. Se ci arrabbiamo, o muoviamo critiche e perplessità, è proprio perchè siamo consapevoli dell’impegno totale dei calciatori e che ci sia altro a rendere vane le prestazioni. Continua ad essere solo un problema di testa? E ci deve pensare lui, Inzaghi. Questo è il compito vero e, se vogliamo, più difficile di un tecnico, che sia del Benevento o del Real Madrid. Altrimenti l’allenatore a cosa serve?
Non era a Roma con la Lazio che dovevamo fare punti, e non faccio ironia. Ma le ultime prestazioni dei giallorossi sono fotocopie una dell’altra. Stessi errori, stesse scelte cervellotiche, stesso atteggiamento pauroso e remissivo, tardiva reazione al punteggio sfavorevole. Non è più solo una questione di rosa non adeguata. C’è bisogno di coraggio nelle scelte e di un’inversione di tendenza netta e repentina. Bisogna abbandonare furbizie, ambizioni e carriera, mettere se stessi in discussione e pensare esclusivamente al bene comune che è la salvezza. Poi, alla fine, chi avrà da parlare o da recriminare lo farà. La salvezza è ancora lì, a portata di mano, pur se il margine sulle inseguitrici va assottigliandosi. Ma c’è bisogno di un altro Benevento in campo, una squadra che giochi e lotti, per novanta minuti e più. Di mezze squadre e mezze partite siamo stanchi. Poi, si potrà anche perdere, ma senza aver lottato al pieno delle forze e delle capacità individuali e di squadra non è più accettabile.