Primo giorno in presenza al 50% per gli studenti delle superiori in Toscana, Abruzzo e Valle d’Aosta. Proteste di studenti e insegnanti in tutta Italia che chiedono il rientro tra i banchi, dopo gli stop imposti da alcune regioni rispetto alle disposizioni del governo. E la ministra si schiera dalla loro parte. Fedriga. “Le chiedo di fare dichiarazioni adeguate alla serietà del ruolo che ricopre”
I ragazzi delle superiori tornano a scuola solo in tre regioni. Oggi è stato il primo giorno in presenza al 50% per gli studenti della Toscana (166mila) dell’Abruzzo (56.500) e della Valle d’Aosta, mentre tutte le altre Regioni hanno deciso di rinviare la riapertura degli istituti, chi per una settimana (dal 18 gennaio) e chi almeno fino a fine mese, a causa dell’alto numero di contagi da Coronavirus e del timore di ripercussioni sulla curva nel periodo post-natalizio e con la campagna vaccinale che sta entrando nel vivo. Da Nord a Sud sono previste proteste e flash mob, con studenti e insegnanti che chiedono di poter tornare alla didattica in presenza e la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che si schiera dalla loro parte: “Ho fatto tutto quello che potevo fare, le scuole sono pronte per ripartire, ma le Regioni hanno la possibilità di riaprirle o meno. Chiedo a tutti di trattare la scuola come si trattano le attività produttive. Oggi la didattica a distanza non può più funzionare“.
Nel governo però le posizioni non sono unanimi. Nel tardo pomeriggio Nicola Zingaretti ha diffuso una nota per difendere la decisione di continuare con la didattica a distanza nella Regione che amministra, il Lazio: “Tutti vogliamo che la scuola riapra. Non ci si divida su questo. L’Italia non merita un tale spettacolo. Oggi, la curva non si è arrestata. Anzi è in aumento. Deve essere chiaro che l’apertura in presenza delle scuole porterà ad un ulteriore aumento della curva ed è molto probabile che presto molte aree torneranno in zona rossa. Questo deve essere ben chiaro a tutti e a tutte, senza ipocrisie o silenzi. Anche i membri del governo che intervengono senza offrire soluzioni non si rendono conto che in primo luogo danneggiano il governo di cui fanno parte”. Un riferimento alla Azzolina, ma non solo. Nel pomeriggio infatti anche le ministre Teresa Bellanova e Elena Bonetti hanno ribadito la necessità che si diano tempi certi sulle aperture: “Un governo serio, in questa giornata, la cosa che dovrebbe fare è guardare negli occhi quegli studenti e le loro famiglie, che sono oggi in sciopero e stanno chiedendo di poter tornare a scuola, e chiedere scusa”, ha detto Bonetti. Il tema però riguarda non tanto il governo, quanto le decisioni dei presidenti di Regione: “Affrontare il ritorno a scuola significa”, ha detto ancora Zingaretti, “riflettere sui diversi aspetti, non in maniera un po’ furba dipingere come un irresponsabile chi si assume responsabilità nel governo del contagio, affrontando la sua complessità e drammaticità. Anche i membri del governo che intervengono senza offrire soluzioni non si rendono conto che in primo luogo danneggiano il governo di cui fanno parte. Ricordo che i Presidenti di Regione hanno, non il diritto, ma il dovere qualora la curva epidemiologica variasse, di assumere decisioni a tutela della salute e della vita. Lo prevede la Costituzione ed è coerente anche con gli orientamenti finora adottati dal governo”.
Azzolina: “Sono preoccupata per il deflagrare della dispersione” – Secondo quanto dichiarato dalla ministra in un’intervista a Radio Rai1, alcune Regioni che si stanno opponendo alla riapertura degli istituti dovrebbero iniziare a pensare alle scuole come a delle aziende che non possono rimanere chiuse troppo a lungo: “Si fa l’errore di credere che la scuola non produca incassi – ha continuato – Se io chiudo un negozio so purtroppo quanto ho perso, sulla scuola questo discorso non si fa ma i costi sono altissimi, il messaggio deturpante per cui nelle regioni gialle è tutto aperto tranne la scuola lascia cicatrici enormi“. E dice di comprendere il disagio di studenti e docenti che chiedono di tornare tra i banchi: “È difficile per gli studenti comprendere perché non rientrano a scuola, capisco la loro frustrazione. La scuola è un diritto costituzionale se a me avessero tolto la scuola non sarei probabilmente qui. I ragazzi hanno bisogno di sfogare la loro socialità. C’è un black out della socialità, i ragazzi sono arrabbiati, disorientati e sono preoccupata per il deflagrare della dispersione scolastica“.