Paesi bellissimi e suggestivi rasi al suolo, una tragedia umana enorme segnata da quasi tremila morti, più di ottomila feriti e 300mila senzatetto: sono passati quarant’anni da quel terribile terremoto di magnitudo 6.9 (decimo grado della scala Mercalli all’epicentro) che alle 19.34 del 23 novembre 1980 colpì la Campania e la Basilicata, lasciandole profondamente martoriate, e allungò la sua onda fino alla Pianura Padana a nord e alla Sicilia a sud. Simbolo di quella tragedia resta il crollo del soffitto della Chiesa Madre di Balvano (Potenza) che seppellì 66 persone, per la maggior parte bambini e ragazzi, di fatto cancellando una generazione del paese.
Oggi in quei territori la ricostruzione è quasi completata, ma la ricorrenza del 40/o anniversario restituisce ricordi drammatici. Non solo per i lutti e le rovine che quel terremoto provocò: ma anche per i gemiti che nei giorni successivi al terremoto continuavano a salire dalle macerie a causa dei ritardi nei soccorsi, che l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini denunciò con voce alta e fermissima. E ancora, per l’esasperante lentezza che ha accompagnato il processo di ricostruzione delle case, mentre continuava a risuonare il lamento degli sfollati, accampati via via, con l’imperversare del freddo e della neve, dapprima nelle tende e nei vagoni ferroviari, poi nelle roulotte, poi nei container, fino a quando un prefabbricato sembrò un’abitazione vera, per quanto precaria. E, infine, per le ruberie di tanti sciacalli, scolpite in decine di inchieste giudiziarie, che hanno allungato le mani sulle ingentissime risorse stanziate dallo Stato – oltre 50mila miliardi di lire, risulta nella relazione conclusiva presentata nel 1991 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta da Oscar Luigi Scalfaro – ridimensionando ai minimi termini, in particolare, il futuro di sviluppo industriale che era stato disegnato per quelle aree.
fonte: www.ansa.it