by Eusapia Tarricone
La pandemia nella quale ci stiamo muovendo nell’ultimo anno dovuta alla diffusione del virus Covid 19, ha imposto cambiamenti in ogni abitudine e routine della nostra vita, dal contatto con amici e parenti alla possibilità di svolgere la nostra attività lavorativa nei tradizionali spazi lavorativi, uffici, scuole, spazi di lavoro comuni.
La necessità di evitare contatti fra le persone per arginare la diffusione del virus, ha imposto schemi di interazione lavorativa a cui non eravamo abituati e che spesso sono visti sia positivamente in merito ai rapporti domestici, sia come emarginanti se non addirittura invasivi della nostra sfera familiare.
Smart Working vuol dire “lavoro agile”, esso è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali, frutto di un accordo tra dipendente e datore di lavoro. In pratica il lavoratore / socio può scegliere il tempo e il luogo più adatti per svolgere il proprio servizio. Tale attività è strettamente correlata al concetto di telelavoro.
Grazie a tale tipo di impegno, moltissime persone hanno smesso di recarsi in ufficio ed hanno iniziato a lavorare da casa. Grandi e piccole aziende con decine o centinaia di dipendenti da febbraio scorso hanno chiuso le loro sedi ed hanno iniziato a riprogrammare il lavoro da remoto. In una nota del 12 maggio scorso, Twitter ha comunicato ai propri dipendenti che nel caso volessero, avrebbero potuto continuare a lavorare da casa anche dopo la pandemia per sempre.
E’ ovvio che non parliamo di laboratori tecnici dove il lavoro si può fare solo in presenza dell’operaio, ma di tutti quei lavori che non obbligano alla presenza fisica sul luogo di lavoro. Lo Smart Working è dunque un modello che utilizza le nuove tecnologie per interagire con il mondo del lavoro in maniera rapida, diretta e dinamica, sia in termini di produzione che in quelli di soddisfazione di quanto ottenuto con proprio lavoro.
Parliamo dunque solo di vantaggi? Tale innovazione nelle prestazioni di lavoro comporta anche qualche svantaggio? Ricordiamo che tale pratica lavorativa è da tempo in uso in molti paesi: in Scandinavia, terra con forte cultura del pragmatismo, ad esempio, lo Smart Working è largamente diffuso da anni ed il paese è in attesa dell’approvazione di una legge che permetterà di lavorare fino al 50% delle ore fuori dagli spazi aziendali.
Anche la Finlandia, dal 2011, si è dotata di una normativa sullo Smart Working sul modello di quello in uso in Italia, legge che permette di adattare gli orari e dove essere operativi, in tal modo il paese è diventato la patria del “lavoro agile”.
In realtà le capacità, l’estro, le abilità possono essere fecondi anche da lontano, non è necessario spostarsi, a volte di molti chilometri, per svolgere un lavoro che non richiede l’impellente presenza in loco.
Nella visione tradizionale il tema della conciliazione vita-lavoro è stato sempre affrontato come “strumento per promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro”, oggi invece tale innovativa procedura lavorativa sembra essere intesa quale “strumento per favorire il benessere sul luogo di lavoro”. In questo contesto ben si inserisce il lavoro agile.
Tuttavia, come già anticipato, l’organizzazione di lavoro da remoto comporta vantaggi e svantaggi. Fra i vantaggi ricordiamo: la libertà e l’autonomia del lavoratore nell’organizzazione del suo tempo, il risparmio di tempo e danaro per trasporti – soprattutto nelle grandi città -, una maggiore e migliore conciliazione della vita lavorativa con la vita personale e familiare, una maggiore produttività a fronte di una migliore organizzazione del lavoro, un miglioramento generale della qualità della vita, una migliore organizzazione familiare soprattutto in rapporto all’assistenza dei figli, specie per le donne, e, non ultimo, l’integrazione di persone con mobilità ridotta.
Tra gli inconvenienti del lavoro da remoto dobbiamo invece ricordare che il lavoratore vede la sua vita invasa dal lavoro – non esiste più lo stacco necessario e salutare tra spazio lavorativo e spazio personale -, si determina l’isolamento del lavoratore a causa del mancato contatto con i colleghi, la produttività potrebbe diminuire mancando gli stimoli ambientali, ci potrebbe essere un incremento nelle spese per il lavoratore – fruizione luogo di lavoro, costo delle forniture – , c’è il rischio che il tempo di lavoro sfoci nel tempo “privato” diventando difficile sancire il tempo preciso della “disconnessione” dalle strumentazioni tecnologiche e, non ultimo, vengono meno tutte le tutele sanitarie assicurate dalla presenza in un luogo di lavoro.
La sede domestica inoltre, non essendo un ufficio attrezzato adeguatamente dal punto di vista tecnologico, potrebbe determinare problemi nella continuità della connessione e dunque nel rispetto dei tempi canonici della produzione del lavoro.
Dobbiamo anche ricordare che se è vero che un gran numero di persone vorrebbero lavorare lontano dai tradizionali uffici, per tanti altri la routine dell’orario di lavoro fuori casa risulta essere più gratificante socialmente e umanamente; per i single, ad esempio, lo Smart Working, magari affiancato da periodi di lokdown, può essere fatale per il proprio equilibrio personale.
E’ necessario ricordare inoltre che la pratica del lavoro da remoto obbliga alla convivenza familiare, un obbligo che spesso si trasforma in difficoltà relazionali tra i conviventi.
Viviamo un terribile momento sanitario e sociale che non sappiamo quanto potrà durare, la necessità di proteggere il lavoro come produttività e come risorsa economica tuttavia ci impone di individuare una modalità operativa che possa soddisfare le due esigenze e lo Smart Working potrebbe essere la strada giusta, tuttavia crediamo che si imponga, nello stesso tempo, la formulazione di leggi che stabiliscano le modalità operanti del “lavoro agile” precisando obbligatoriamente anche le tutele necessarie per chi ricorre ad esso.