
Kamala Harris
By Eusapia Tarricone
Kamala Harris è la prima donna vicepresidente degli Stati Uniti, di colore, fiera e combattiva contestatrice delle ingiustizie sociali, del problema del cambiamento climatico e della gestione sanitaria nel dilagare della pandemia da Covid in America. Lo sconfitto Presidente Trump, a tutt’ oggi, respinge il verdetto sancito dal voto e si rifiuta di riconoscere l’insuccesso ed accogliere alla Casa Bianca il vincitore Joe Biden e, con lui, soprattutto l’odiata Kamala Harris.
Se pur di origini indiane tamil e giamaicane, Kamala Harris si identifica semplicemente come “americana” e conscia della mentalità razzista ancora radicata nel paese; già nel 2002 iniziò una campagna sociale e politica che sovvertisse lo stereotipo delle donne di colore, costituendo il suo ufficio per tali attività a Bayview, il “quartiere più isolato” di San Francisco.
Come Procuratrice generale della California, promosse l’aumento del tasso di condanna per i reati gravi inserendo fra questi lo spaccio di droga ed i reati ambientali. A lei si deve già nel 2000 una ferma raccomandazione per cauzioni più alte per gli imputati di reati con armi da fuoco.
E’ stata animatrice di una Hate Crimes Unit, indirizzata contro i crimini di odio verso bambini e adolescenti LGBT nelle scuole. La Harris come procuratrice generale ha dato gran rilievo alla protezione ambientale. Fra il 2015 e il 2016 riuscì ad ottenere numerose transazioni multimilionarie con importanti compagnie petrolifere che non controllavano adeguatamente i materiali pericolosi stivati nelle loro cisterne sotterranee.
Nel 2015 la Harris condusse un’indagine sulle attività di polizia e soprattutto sull’uso della forza da parte di essa.
Determinata nella lotta ai reati sessuali e alla diffusione delle organizzazioni criminali anche transnazionali, ella ha contrastato con decisione la costituzionalità della Prop 8, un emendamento costituzionale secondo cui si ritengono validi solo i matrimoni “tra un uomo e una donna” e dunque a sfavore dei diritti LGBT.
Dopo aver vietato il principio della “difesa da panico gay/trans” utilizzata da alcuni accusati di reati per avere attenuazioni della pena, la Harris si è pronunciata contro la pena di morte ritenendo che il carcere a vita, con esclusione della libertà sulla parola, fosse una punizione migliore, più valida socialmente e anche più conveniente economicamente della pena di morte.
Il 28 gennaio 2017, dopo la firma di Trump dell’Executive Order 13769, che proibiva a cittadini musulmani di molti paesi di entrare negli USA, ella si pronunciò con una ferma condanna del provvedimento descrivendo lo stesso come “bando ai musulmani”.
Nel 2019 la Harris ha capeggiato un gruppo di senatori democratici e organizzazioni per i diritti civili, nella richiesta di allontanamento dell’alto consigliere della Casa Bianca Stephen Miller che in alcune sue mail aveva promosso la letteratura nazionalista bianca presso i curatori del sito Breitbart.
Ritenendo che nessuno, nemmeno il Presidente degli Stati Uniti fosse al di sopra della legge, la Harris votò, sempre nel 2019, per incriminare il Presidente con le accuse di abuso di potere e ostacolo al Congresso.
Dopo molte altre battaglie di diritto, l’11 agosto 2020 il candidato democratico Joe Biden ha ufficializzato la sua scelta di volere Kamala Harris, senatrice per lo stato della California a partire dal 2017, come sua candidata alla vicepresidenza.
Donna dunque di incredibili principi democratici che non poteva che porsi agli antipodi delle politiche dell’ex Presidente Trump, quest’ultimo già protagonista, dai suoi primi atti di governo, della cancellazione della così detta “Obamacare”, una riforma che ampliava la copertura sanitaria ai cittadini, del ritiro degli Usa dal Partenariato Trans-Pacifico, del divieto di accedere a finanziamenti pubblici per finanziare le ONG che praticano o supportano pratiche d’aborto, della costruzione di un muro lungo il confine con il Messico, del blocco temporaneo dell’ingresso di immigrati e rifugiati provenienti da sette paesi dove è presente attività terroristica e controlli più stringenti per i richiedenti asilo, fino a decidere, in merito ai temi ambientali, l’abolizione del “Clean Power Plan”, provvedimento introdotto da Obama nel 2015, che si proponeva di abbassare le emissioni di carboni dagli impianti di produzione di energia elettrica di oltre il 30% in 25 anni.
Il 1 giugno 2017 Trump ha inoltre annunciato di voler far uscire gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima, nonostante gli Usa siano tra i primi 10 paesi responsabili dell’inquinamento ambientale e ritenendo il tema di secondaria importanza.
Superfluo ricordare la posizione di Trump in merito alla sottovalutazione del tema del coronavirus e della sua diffusione per colpa della Cina, la pandemia e il paese dei mandarini considerati ostacolo all’economia e dunque da ridimensionare come problema; significativa la sua vicenda personale di malato di Covid19 che, nel giro di due giorni , guarito – miracolo o pantomima a fini elettorali – è tornato in pubblico con dispregio di mascherine e precauzioni sanitarie.
Oggi il nuovo presidente degli Stati Uniti è Joe Biden, uomo di lunga tradizione politica che, nel suo discorso di insediamento ha voluto rimarcare l’importanza dell’unione di tutti i cittadini contro ogni forma di divisione rimarcando il suo pensiero affermando: “Non ci sono stati blu o stati rossi, ci sono solo gli Stati Uniti”
E’ ormai virale il video della telefonata con la quale Kamala Harris esulta con Biden per la loro vittoria: “ Ce l’abbiamo fatta. Ce l’abbiamo fatta, Joe. Sarai il prossimo presidente degli Stati Uniti”, ma è altrettanto significativo il messaggio lanciato a tutte le donne dalla nuova vicepresidente americana: “ Sono la prima, ma non sarò l’ultima” .
Donna, di colore, determinata, democratica in tutti sensi, la Harris si appresta dunque ad inaugurare un nuovo modo di fare politica anche nella più moderna e arcaica democrazia del mondo.
Nonostante qualche critica le sia giunta dalla sinistra radicale del suo partito che l’accusa di essere stata, come Procuratore della California, dura contro il crimine senza troppo preoccuparsi degli abusi della polizia nei confronti degli afroamericani in quanto per metà indiana e per metà caraibica e dunque non diretta discendente degli schiavi africani, ella rimane, specie dopo le vicende della morte di George Floyd a Minneapolis (Minnesota), una donna di colore con molta esperienza legale e politica che può ricominciare a ricucire i rapporti fra bianchi d’America e le minoranze etniche, quel processo iniziato con Obama e poi bruscamente interrotto da Donald Trump che, dimenticando che il suo è un paese costruito dagli immigrati, ha imposto una crociata anti immigrati che ha spaccato l’America.
Noi speriamo che l’inarrestabile Kamala Harris, affiancando l’opera di Joe Biden, insieme possano riuscire a riavvicinare il paese al resto del mondo politico e dei diritti, per il bene degli Stati Uniti e della storia della democrazia.